IMMOBILE INARCASSA

VIA PAOLO DA CANNOBBIO 33, MILANO

Committente: INARCASSA Via Salaria, 229 Roma
Periodo: 2006-2009

DESCRIZIONE LAVORO:
Riqualificazione edilizia e tecnologica dell’immobile destinato ad uffici di elevate qualità attraverso:
– La ristrutturazione dell’intero edificio con nuova distribuzione interne dei locali
– La realizzazione di sopralzo sulla terrazza a piano ottavo, mediante formazione di corpo aggiuntivo in posizione arretrato rispetto al perimetro dell’edificio, da destinare a sala riunioni comune a tutti i piani, con struttura portante in profilati di acciaio e tamponamenti in alluminio con ampie vetrate.
– Il rifacimento degli impianti con adeguamento alla normativa vigente.
– Il posizionamento degli impianti sulla copertura a piano ottavo.
– L’istallazione del gruppo frigorifero sopra copertura piana vano scale e locale ascensori.
– La conservazione della facciata mediante manutenzione e ripristino delle porzioni con rivestimento in marmo e klinker.
– La riqualificazione dell’atrio d’ingresso e dell’intero vano scale da piano terreno a piano settimo.
– La realizzazione nuove rampe scale con struttura in cemento armato.

Cenni storici:
La ricerca delle origini dell’edificio oggetto dell’intervento, rivela come esso sia parte integrante di una ben più vasta realizzazione che corrisponde all’intero isolato tra piazza Velasca, via Albricci e via P. Da Cannobio. A tale isolato fa riferimento la planimetria di seguito riportata, sulla quale è stato evidenziato l’ edificio di via p. Da Cannobio 33. Il nuovo piano regolatore di Milano, elaborato dall’ing. Albertini nel 1933 e approvato nel 1934, riprese e diede forma ad alcune idee e soluzioni presentate dai vari gruppi di progettisti nel concorso per il Piano Regolatore di Milano del 1927: tra queste la proposta di una via anulare di scorrimento interna alla cerchia dei Navigli, la cosiddetta “racchetta” che avrebbe poi subito da parte del Comune numerose varianti di tracciato. Essa prevedeva la creazione dell’attuale Corso Europa, per collegare la riformata Piazza San Babila a via Larga e da questa un proseguimento verso Nord, che comportò la demolizione completa del quartiere di Bottonuto.
Nell’ area del vecchio quartiere venne creata, con lo scopo di rinnovare la trama edilizia e di facilitare la circolazione dei veicoli nel centro, la nuova via Albricci, che avrebbe dovuto continuare verso Ovest tagliando il tessuto della Milano romana e poi verso Nord fino ad arrivare nei presti del Castello Sforzesco.
Il 6 maggio 1937 un regio decreto approva il piano particolareggiato per via Paolo da Cannobio, corso Roma, via (poi piazza) Velasca, via Adua (attuale via Larga) e via Rastrelli, oltre agli espropri necessari per attuarlo.
Gli Architetti Asnago e Vender progettarono e realizzarono tra il 1939 e il 1956 quattro edifici nell’isolato, di alcuni dei quali si riportano alcune fotografie risalenti agli anni di costruzione. E’ difficile stabilire l’ effettivo contributo dei due architetti alla definizione delle caratteristiche planivolumetriche dell’isolato, che subirono con il tempo alcune varianti.
L’evoluzione nel tempo della costruzione dell’isolato di via Albricci dimostrò il progressivo affinamento della ricerca condotta da Asnago e Vender sull’edificio misto in un contesto urbano ad alta densità.
La concezione unitaria che segna i diversi edifici non si identifica necessariamente con il perseguimento di una loro uniformità figurativa, ma piuttosto con la possibilità di stabilire una sintassi dello spazio urbano attraverso una decisa rarefazione dei segni che lo caratterizzano.
Relativamente all’ immobile di via P. Da Cannobio, il 28 febbraio 1949, con un decreto del ministro dei lavori pubblici, fu approvato il piano di ricostruzione per la zona d’ angolo tra via Albricci e via P. Da Cannobio. La convenzione (del 1° marzo 1950) tra il Comune di Milano e la società Alpaca Immobiliare spa che si impegnava a costruire entro 2 anni l’edificio, specificava che quest’ultimo doveva rispettare le caratteristiche in pianta di una specifica planimetria 1:500 ad essa allegata, e che, da un punto di vista architettonico, avrebbe dovuto armonizzare con il confinante edificio fronteggiante via Albricci, oltre che essere di uguale altezza.
Veniva prescritta, inoltre, l’omogeneità di tutti i motivi architettonici di facciata con l’impiego degli stessi materiali di rivestimento.
Il progetto e la direzione lavori furono affidati a Asnago e Vender; il progetto presentato in data 22/03/1950 ottenne il Nulla osta il 2/08/1950.
La pianta segue la conformazione irregolare del lotto, che risvolta per un breve tratto su via Albricci. La forma infelice del lotto e forse la volontà della Committenza hanno prodotto un edificio che non presenta soluzioni distributive e qualitative particolari, né manifesta la ricchezza delle soluzioni progettuali dell’edificio adiacente su via Albricci.
Nel raffronto del prospetto con quest’ultimo si riscontra un ampliamento delle vetrine al piano terra, che si allargano fino a far assumere in più punti le dimensioni di colonna agli intervalli pieni. Nelle evidenti similitudini con l’edificio contiguo gli architetti introducono alcune delle alterazioni proporzionali che caratterizzano la loro ricerca più tarda: le finestre su via Albricci assomigliano alle altre, mentre quelle sulla via adiacente assumono una dimensione più contenuta, con l’ esclusione di due finestre nella terza colonna a partire da sinistra, quelle del terzo e del sesto piano che rimangono di dimensione maggiore.
Se le aperture mantengono l’impaginazione bandiera sulla destra che caratterizza la facciata di via Albricci, ulteriori lievi alterazioni proporzionali, come la concentrazione dimensionale degli ultimi due interassi sulla sinistra, ricordano ancora per analoghi artifici i progetti coevi. Ai serramenti a croce si affiancano le finestre di maggior dimensione dei primi piani e quelle fuori misura al piano terzo e sesto con serramenti a tre divisioni verticali di uguale misura.
In un articolo sugli edifici moderni, pubblicato su Domus del 1954, P. Bottoni scriveva: “Dell’ insieme degli edifici progettati da Asiago e Vender questo è quello che denota forse, la maggiore “sofferenza progettuale” nello sfruttamento intensivo dello spazio.”

Bibliografia:
Antologia di edifici moderni in Milano
P. Bottoni – Editoriale Domus Milano 1954
Asiago e Vender Architetture e progetti 1925 -1970
Cino Zucchi, Francesca Cadeo, Monica Lattuada – ed. Skira 1998
Milano – un secolo di architettura milanese dal Cordusio alla Bicocca
Giuliana Gramigna, Sergio Mazza – ed. Hoepli 2001